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martedì 1 novembre 2011

Un inceneritore a ciclo chiuso, che non emette fumi e non inquina, che ripaga interamente l’investimento in pochi anni grazie alla produzione di idrogeno che a sua volta genera energia elettrica, e può alimentare il teleriscaldamento di una città. 

Un libro dei sogni, una frottola per scompaginare il fronte ecologista? No: l’inceneritore senza ciminiere esiste davvero, è stato brevettato, certificato e ha ottenuto la fiducia di fondi d’investimento francesi e tedeschi. Parecchi governi guardano con interesse a questa tecnologia che porta in calce una firma reggiana.
Cristiano Spaggiari, 37 anni, lavora dall’età di 18 anni nell’azienda di famiglia specializzata in impianti meccanici. Dal 2005 ne ha preso le redini insieme al fratello, allargando il fronte della clientela a imprese come Gesta, Coopsette e Unieco.
I fratelli Spaggiari cominciano ad operare in cantieri fuori dall’Emilia Romagna, ed è in uno di questi che nel 2009 entrano in contatto con 4HT, che da circa 10 anni ha brevettato l’inceneritore basato sulla pirolisi e gassificazione ad altissima temperatura, lo stesso processo termochimico dinamico utilizzato per spezzare la catena delle diossine. Cristiano Spaggiari ci mette l’esperienza tecnica e commerciale maturata in azienda, e oggi ha un’esclusiva per tutto il mondo. Ha trattative avanzate in Italia e all’estero, però non a Reggio Emilia perché - dice «qui c’è il monopolio di Iren».
Ora Cristiano è in partenza per il Sudafrica, dove incontrerà un gruppo di investitori. E’ consapevole che il suo progetto è rivoluzionario e può cambiare molte cose, tuttavia Spaggiari mantiene volutamente un basso profilo: anche perché non è semplicissimo far capire in giro che il sistema  4HT  non è un inceneritore qualsiasi. Di questo impianto esiste già un modulo base sperimentale, potenzialmente in grado di eliminare 2,5mila tonnellate di rifiuti l’anno. L’impianto industriale è un modulo con capacità di smaltimento pari a 120mila tonnellate l’anno: un impianto dal costo di 240 milioni di euro chiavi in mano ed è espandibile collegando in parallelo più moduli.
Un comune lombardo ha già espresso il suo interessamento, e Spaggiari ha reperito già 200 milioni da fondi di investimento tedeschi e francesi. Le prospettive di guadagno, infatti, sono allettanti.

Ma come funziona l’impianto a pirolisi e gassificazione ad alta temperatura?


«Un inceneritore tradizionale brucia i rifiuti e scarica i fumi inquinanti all’esterno. La pirolisi gassificazione ad alta temperatura invece spezza le molecole. I materiali sono sottoposti a una temperatura di circa duemila gradi, e ciò che resta sono inerti vetrificati “a norma”, quindi riutilizzabili nell’edilizia, gas idrogeno da utilizzare come vettore energetico e CO2. L’impianto non ha ciminiere né alcuna emissione di fumi e inquinanti di all’esterno. Può trattare non solo i rifiuti urbani, ma anche rifiuti speciali come gli ospedalieri non radioattivi, o le parti in plastica delle auto, i rifiuti industriali a componente organica etc».

Tuttavia il costo è elevato...

«Ma la cosa fantastica è che un ciclo da 120 mila tonnellate si ammortizza in soli quattro anni - spiega Cristiano Spaggiari -. L’impianto produce idrogeno che attraverso una turbina General Electric viene trasformata in elettricità: 60 megawatt/ora di corrente, pari a 504mila megawatt in un anno. Di questi, l’impianto ne consuma circa 200mila, di conseguenza restano 304mila megawatt da rivendere. Inoltre dalla turbina si ricava acqua calda ideale per il teleriscaldamento. E sempre nel corso del processo recuperiamo
circa 107mila Nm di Co2 (anidride carbonica) che viene compressa in bombole e rivenduta. Ma è chiaro - conclude Spaggiari - che il grosso del guadagno arriva dall’energia elettrica. A questo va aggiunta la mancata emissione di circa 163mila tonnellate/anno di Co2 che non inquina l’ambiente».
La redditività da un lato e l’eliminazione dei fumi inquinanti dall’altro, spiegano l’interesse sia degli investitori internazionali sia di grandi centri urbani. E’ il caso di Chisinau: la capitale della Repubblica moldava ha il problema di eliminare i rifiuti che attualmente accumula in una montagna maleodorante, e intanto alimenta il suo teleriscaldamento con una vecchissima centrale a carbone. L’inceneritore a pirolisi risolverebbe di colpo entrambi i problemi, e per questo si è fatto avanti il principale industriale moldavo. «Si tratta di un salto tecnologico - conclude Spaggiari - che fa invecchiare di colpo gli altri sistemi, risolve alla radice i problemi di inquinamento e, grazie al recupero energetico, trasforma il costo dello smaltimento rifiuti in una risorsa per la società».
 di Pierluigi Ghiggini e Alessandro Bettelli
REGGIO EMILIA (31 ottobre 2011)
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