Vasile Ernu, nato nella Moldavia sovietica, attualmente vive e lavora in Romania. Il suo libro d’esordio Nato in URSS
è divenuto ben presto un caso editoriale, ottenendo successo di mercato
e riscontri positivi anche fuori dalla Romania. Un viaggio tra luoghi e
situazioni alla scoperta degli aspetti meno noti della vita dell’homo sovieticus. Nostra recensione
Vasile Ernu accompagna il lettore in un viaggio nella vita quotidiana
di un popolo che non esiste più e che in effetti non è mai esistito: il
popolo sovietico, un popolo che faceva collettivamente “tutto, sempre e
ovunque”. Nel libro si individua ben presto un protagonista, “noi, il
popolo sovietico”, e un antagonista, “loro, i capitalisti”, ed è chiaro
che Ernu è a questi ultimi che si rivolge per raccontare nei dettagli i
più svariati aspetti della vita di un cittadino sovietico. Oggetti,
personaggi, situazioni, memorie comuni, aneddoti, riti di passaggio sono
al centro di una narrazione spezzata in brevi capitoli che consente di
passare quasi senza intoppi da un capitolo all’altro rendendo questo
libro una sorta di enciclopedia della vita sovietica, ricca di spunti da
approfondire anche su internet, magari a partire proprio dal sito
dedicato al libro e realizzato dallo stesso Ernu,
www.NascutInUrss.ro.
“Il sesso in URSS”, “Cosa beve il cittadino sovietico”, “Ode alla
tualet sovietica” e “La barzelletta sovietica, la migliore al mondo” sono i titoli di alcuni delle decine di capitoli che compongono
Nato in URSS, un
libro che, come emerge fin dalle prime pagine, concede molto alla
nostalgia e al ricordo affettuoso per un mondo che non esiste più, e
quasi niente a chi si aspetta una riflessione critica su ciò che è stata
l’Unione Sovietica.
“Ma lasciate che sia sincero fino alla fine. Ho amato e ammirato
anche Vladimir Il’ič Lenin. Era vivace, dinamico, aveva principi e
disegni grandiosi. […] Tanto di cappello. Peccato che sia scomparso e
sia arrivato quell’insopportabile di Stalin, dal quale ho tenuto le
distanze. Né odio, né amore. E che colleghi erano quelli di Lenin! […]
Se non vi arreca disturbo, proporrei di osservare un minuto di
raccoglimento in loro onore. Non vi spazientite, ne vale la pena…
Grazie”.
In altri passaggi, Lenin è presentato come “l’amico, il padre, il
nonno, il compagno, il maestro”, “un demiurgo”, un “dio laico”, una
figura trasfigurata e presentata negli stessi termini in cui lo
dipingeva il sistema educativo sovietico. Non un personaggio storico,
quindi, ma una figura mitica, entrata a far parte dell’immaginario
collettivo come tante altre meno note in Occidente: Štirlitz, “il James
Bond sovietico”,
Buratino, il pinocchio
made in USSR
protagonista di barzellette sconce, o Ostap Bender, immortale eroe del
romanzo “Le 12 sedie” di Il’f e Petrov, continuamente citato nel libro.
È proprio questo l’aspetto più meritevole del testo di Ernu: la
capacità di presentare modi di fare tipici di chi è nato e ha vissuto
nell’Unione Sovietica, la minuziosa e affettuosa descrizione degli
aspetti più vari che caratterizzavano la vita di chi ha vissuto quegli
anni e che in seguito sono rimasti parte imprescindibile del capitale
culturale a cui anche i giovani nati dopo il crollo dell’URSS fanno
riferimento.
Si tratta però della memoria trasfigurata di elementi concreti
estrapolati dalla loro esistenza reale. Ernu racconta del “preservativo
sovietico”, dello “champagne sovietico”, della festa del Primo maggio,
di scuola, di bagni pubblici, di appartamenti collettivi, dell’amante di
Lenin ma non ci dice quasi niente della sua esperienza personale, del
suo quartiere, del suo cortile, della sua città o della Moldavia
sovietica della sua adolescenza.
Ernu descrive “la
tualet sovietica” nei minimi dettagli,
raccontando come l’“uomo sovietico” vi si approcciava, specificando la
disposizione degli oggetti che vi si trovavano e la forma dei sanitari,
parlando della funzione sociale e culturale di questo luogo che rimane
comunque inevitabilmente un luogo idealizzato, privo di riferimenti
autobiografici espliciti: non viene descritto il bagno pubblico vicino
ai giardinetti dove l’autore passeggiava da bambino o il gabinetto della
casa dove è cresciuto, ma piuttosto “la
tualet sovietica” in quanto tale.
Niente o quasi ci ricorda che abbiamo di fronte un libro scritto in
romeno da un uomo cresciuto nella Moldavia sovietica e pubblicato per la
prima volta nel 2006 a Iaşi, nella Romania orientale. La Seconda guerra
mondiale è presentata non certo per le tragiche vicende che hanno
portato la Bessarabia a diventare parte dell’URSS, ma, seguendo
l’ortodossia sovietica, come “Grande Guerra per la Difesa della Patria,
[…] un avvenimento affascinante, fonte di grande orgoglio”.
Tante storie, tanti spunti
Nato in URSS è quindi qualcosa di ben diverso dal libro di
memorie di un uomo che ha trascorso la propria infanzia e adolescenza
nella Moldavia sovietica. È piuttosto un almanacco che raccoglie quei
frammenti di un’epoca passata che accomunano tutti coloro che sono
cresciuti in URSS. Aspetti della vita quotidiana che non emergono né dai
libri di storia, né dalla letteratura di epoca sovietica diffusa in
Occidente.
In questo senso, il libro di Vasile Ernu può quindi essere guida
narrativa in grado di arricchire, aggiungendovi note di colore e di viva
umanità, un immaginario collettivo dell’URSS spesso appiattito sullo
stereotipo del freddo siberiano e del grigiore trascurato dei condomini
che caratterizzavano le periferie delle grandi città del blocco
socialista.
Nelle pagine di Ernu si trova, ad esempio, una selezione
significativa di alcuni dei cartoni animati e delle commedie sovietiche
più amate in ex-URSS, film che, quantomeno in Russia, continuano ad
essere programmati e instancabilmente citati anche dai giovani nati dopo
il crollo dell’Unione. Si leggono i testi di alcuni dei grandi classici
del rock sovietico. Si ritrova la passione per aneddoti, barzellette e
citazioni letterarie e cinematografiche che spesso si incontra
viaggiando per le repubbliche dell’ex-URSS.
Nato in URSS può essere quindi una lettura interessante non
solo per chi desidera svagarsi per ore in un paradiso socialista
surreale dove tutto sembra avere un significato più alto, dove persino
una delle disfunzioni sovietiche più note, la necessità di aspettare per
ore in coda per ottenere beni o servizi, viene elevata a bene superiore
dalle qualità e dai meriti incomprensibili agli Occidentali (“
Loro,
con tutta quella libertà e la loro società civile, non sono riusciti a
creare tanta ricchezza quanta ne abbiamo creata noi con questo istituto
sociale”).
Il libro di Vasile Ernu, infatti, può essere anche un’introduzione
narrativa ad un mondo su cui la caduta del Muro ha gettato poca o
nessuna luce. Se negli anni Novanta l’Est europeo è stato inondato di
cultura pop “Occidentale” (soprattutto americana), certo non si può dire
il contrario: ad oltre vent’anni dalla caduta del muro di Berlino la
cultura popolare sovietica e post-comunista in generale rimane del tutto
ignota al grande pubblico dei Paesi che si trovavano dall’altra parte
della “cortina di ferro”.
Nato in URSS sembra spesso essere l’autoritratto stereotipato di un
homo sovieticus
che non è mai esistito. Cionondimeno, è un testo appassionato e a
tratti divertente, che racconta innumerevoli aspetti che inevitabilmente
fanno parte del DNA culturale di chi in Unione Sovietica è cresciuto.
Barzellette, storie o citazioni da film che immancabilmente emergono
quando ci si ritrova a chiacchierare, magari di fronte a una tazza di tè
o a una bottiglia di vodka, con chi quel mondo l’ha vissuto davvero.
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